Foibe, il revisionismo trasversale riscrive la storia

Matteo Salvini alla commemorazione nelle foibe di Bassovizza

 

Quella delle Foibe fu certamente una tragedia. Ma si trattò di una tragedia assai piccola all’interno dell’incommensurabile massacro della Seconda Guerra Mondiale, di un episodio minore e tutto sommato periferico. Alcune centinaia, forse poche migliaia di vittime rispetto a sei milioni di ebrei, a centinaia di migliaia di Rom, omosessuali, portatori di handicap, malati psichiatrici e dissidenti politici, o a decine di milioni di soldati e civili trucidati in tutto il mondo a causa di una folle persecuzione e di un conflitto scatenato dalle potenze dell’Asse.

Contrariamente a quanto afferma insistentemente la retorica trasversale delle autorità italiane di destra, centro e “sinistra”, gli infoibati non furono uccisi “in quanto italiani”. Non si trattò di pulizia etnica o di “genocidio” (gli italiani in quei territori erano parecchie centinaia di migliaia), bensì di un episodio di vendetta e di punizione contro gli aguzzini fascisti, italiani e slavi, che per anni avevano oppresso le popolazioni occupate, oggetto di rastrellamenti, fucilazioni di massa, massacri e deportazioni. Un regolamento dei conti, quindi, nei confronti dei gerarchi e gli amministratori di un regime fascista sconfitto, e dei collaborazionisti locali, che sicuramente causò un certo numero di vittime innocenti, ma che è assolutamente comprensibile se opportunamente contestualizzato al termine di quell’immane carnaio che fu il conflitto mondiale scatenato dalle mire espansionistiche e dal feroce razzismo del regime mussoliniano.

Quando si parla di Foibe si farebbe bene a ricordare quanto Benito Mussolini disse nel settembre del 1920 a Pola, annunciando quella che sarebbe stata la strategia dell’Italia e del fascismo nei Balcani: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini italiani devono essere il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinariche della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche». 

Eppure oggi l’intera classe politica, all’interno di un’incredibile e intollerabile operazione revisionista e rovescista, inventa e cavalca una narrazione storica, un “ricordo”, che è quanto di più lontano dalla ricostruzione e dalla verità storica.

Quando il vicepremier e Ministro degli Interni Matteo Salvini ha affermato, a Basovizza, che «i bimbi morti nelle foibe e i bimbi di Auschwitz sono uguali» non ha detto solo un’enorme stupidaggine, visto che nelle foibe non sono stati trovati corpi di bambini (proprio perché non si trattò di pulizia etnica bensì della punizione, per quanto sommaria e in certi casi indiscriminata, di coloro – sia italiani sia slavi – che erano considerati i responsabili dell’occupazione e della persecuzione delle popolazioni locali).

Salvini ha detto una cosa gravissima che alla maggior parte dei giornalisti e dei commentatori è sfuggita, per distrazione o per complicità con questa classe politica revisionista: ha affermato infatti che alcune centinaia di gerarchi fascisti, amministratori, funzionari e collaborazionisti del regime fascista che avevano compiuto o tollerato massacri e inenarrabili angherie, sono uguali a milioni e milioni di persone mandate ai forni crematori non per le loro responsabilità personali, ma per la loro origine etnica o la loro appartenenza religiosa, o per i propri orientamenti sessuali o politici.

D’altronde a questo è servita l’istituzione nel 2004 della “giornata del ricordo” su proposta dei fascisti da poco riciclatisi in Alleanza Nazionale e con l’avallo e la complicità di quasi tutto l’arco parlamentare, ex comunisti compresi. A equiparare le responsabilità dei fascisti e dei nazisti a quelle dei partigiani e dei popoli, quelle degli aguzzini a quelle dei liberatori. A dire che Basovizza è uguale ad Auschwitz. Ad affermare che se tutto è uguale e tutti hanno pari responsabilità, nessuno ha responsabilità, il fascismo non ha responsabilità.

Si tratta della più grande operazione revisionista mai condotta negli ultimi decenni in Europa, realizzata grazie all’avallo del Presidente Mattarella e la partecipazione di eminenti esponenti del centrosinistra, come quel Nicola Zingaretti secondo il quale “Ricordare le foibe, che sono parte integrante della storia del nostro paese, significa rendere giustizia a chi morì solo perché italiano”.

Un’operazione di riscrittura della storia e della stessa memoria che si realizza grazie al sostanziale silenzio dell’Unione Europea, nonostante le giustificate proteste di Slovenia e Croazia e l’incredibile rivendicazione da parte del presidente del Parlamento Europeo Tajani dell’italianità di Istria e Dalmazia.

Il silenzio delle Comunità Ebraiche sulle affermazioni di Matteo Salvini – l’ultima e più grave di una lunga serie – pesa come un macigno.

Viene da chiedersi con quale coraggio autorità politiche, intellettuali, comunità religiose e civili possano partecipare con uguale entusiasmo e contrizione tanto alla “giornata della memoria” (una memoria selettiva e strumentale comunque, che depreca solo un genocidio e tralascia gli altri) e la “giornata del ricordo”, celebrando a pochi giorni di distanza prima le vittime e poi gli aguzzini.

Fonte : Investig’Action