Di Maio non è Sankara

La roboante dichiarazione di guerra di Di Maio e Salvini nei confronti della Francia colonialista ha generato entusiasmo e identificazione non solo nel “popolo a Cinque Stelle”, ma anche in alcuni settori della sinistra radicale e anche antimperialista.

“Finalmente qualcuno denuncia chiaramente le responsabilità della Francia nello sfacelo in cui versa l’Africa” hanno pensato in molti.

In effetti il Franco dell’Africa Occidentale non solo è un retaggio coloniale, ma è tuttora uno strumento di colonizzazione economica di una parte importante del continente africano.

Ma Di Maio e Salvini che tuonano contro Parigi e che ormai sostengonol’Unione Europea (“La cambieremo dall’interno”, hanno promesso, imitati recentemente dalla francese Le Pen) fanno finta di non sapere che le economie dei 14 paesi africani che adottano il CFA sono oggi agganciate all’Euro, una moneta assai più forte e rigida dello scomparso Franco francese.

Non bisognava certo aspettare Di Maio per ricordare la verve imperialista e guerrafondaia di Parigi, da sempre in prima fila nel fomentare e appoggiare conflitti in Africa e Medio Oriente per imporre i suoi interessi economici e geopolitici, rafforzare la propria egemonia militare, indebolire i propri avversari.

Chi, dalle fila del PD e di alcuni settori del centrosinistra difende la Francia e ne nega le responsabilità storiche e attuali farebbe bene a tacere.

Ma la denuncia di Di Maio e Salvini è tutt’altro che seria e condivisibile, e le scontate rimostranze dei settori apertamente pro-imperialisti e liberisti della cosiddetta “sinistra” non la rendono più credibile.

Una denuncia dell’imperialismo di un’altra potenza capitalista, in questo caso la Francia, può essere considerata seria, genuina e credibile solo se chi la pronuncia è altrettanto chiaro e severo nei confronti del proprio imperialismo.

E l’Italia, per quanto ultima arrivata ai tempi della colonizzazione dell’Africa e del Medio Oriente, e da sempre caratterizzata da un imperialismo straccione e subalterno alle grandi potenze, non è certo esente da responsabilità per la rapina alla quale vengono sottoposti i popoli dell’altro versante del Mediterraneo. Basterebbe ricordare le sanguinose imprese coloniali in Libia e nel Corno d’Africa, prima e durante il fascismo, dove “l’Italietta” utilizzò il terrorismo contro i civili e compì eccidi di massa per vincere, spesso senza successo, la resistenza dei popoli colonizzati. Più recentemente, potremmo ricordare le decine di missioni militari in giro per il mondo, animate dagli interessi politici ed economici e non certo da un afflato umanitario; oppure il ruolo dell’ENI in NIgeria e altri paesi africani; o ancora la massiccia vendita di bombe all’Arabia Saudita impiegate per massacrare il popolo yemenita…

Se Di Maio e Salvini denunciano – oltretutto sbagliando parzialmente bersaglio, visto che la stragrande maggioranza dei migranti che approdano sulle nostre coste non scappano affatto dai paesi dell’area economica francese in Africa – il colonialismo e l’imperialismo francese, è per acquisire protagonismo mediatico e sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle stragi nel Mediterraneo e dal sistematico tradimento della maggior parte delle promesse elettorali.
Se Di Maio e Salvini puntano il dito contro Parigi è soltanto perché l’Italia è in competizione diretta con la Francia, sia all’interno dell’Unione Europea – dove l’uscita di Londra ha rimesso in discussione le precedenti gerarchie – sia sul piano economico e politico internazionale. Non è un segreto che Parigi ha premuto per la destabilizzazione e l’aggressione militare alla Libia per scalzare gli apparentemente consolidati interessi italiani in campo energetico. E l’intervento del governo francese a difesa della STX con il conseguente stop all’Italiana Fincantieri è una ferita che a Roma brucia ancora molto.

Se l’Italia denuncia l’egemonismo francese è perché aspira a sostituirsi a Parigi, non certo per creare nuove relazioni internazionali basate sulla cooperazione e la solidarietà invece che sullo sfruttamento e la guerra. Altrimenti questo governo avrebbe già rimesso in discussione i rapporti di collaborazione militare ed economica con Israele, gli Stati Uniti e le petromonarchie del Golfo che con le proprie politiche di destabilizzazione e guerra in Medio Oriente – alle quali l’Italia si è sempre accodata per subalternità ed interesse – hanno distrutto interi stati generando ondate di profughi e seminando miseria e morte.

Chi paragona Di Maio o Salvini a dei novelli Thomas Sankara sbaglia di grosso. Il discorso del leader dei Cinque Stelle, ripreso da Salvini, somiglia assai di più a quelli del Duce contro “la perfida Albione” o la Francia di inizio secolo, quando l’Italia rivendicava il proprio “posto al sole” in quanto presunta “nazione proletaria”. E sappiamo com’è andata a finire…

Fonte : Investig’Action